Mi trovo in difficoltà a motivo della debolezza dei miei occhi. Ma ho potuto leggere la cronaca dell'ordinazione di Mons. Pizzaballa a Bergamo. Vorrei che conoscesse la mia condivisione nella preghiera, nella rinnovata
obbedienza da canonico del santo sepolcro, nella promessa di una continua, se possibile, premurosa vicinanzna al zuo ministero pastorale nella Chiesa madre di Gerusalemme, nel patriarcato latino. Riporto qui quanto è stato scritto dell'evento di sabato
10 settembre nel Duomo di Bergamo. Con gioia.
Pubblicato il 11 Set 2016
Mons. Pizzaballa ordinato a Bergamo: “Voglio essere il vescovo per tutti”
BERGAMO
– La Chiesa di Terra Santa e quella di Bergamo unite nella gioia e nella azione di grazie: questo sabato 10 settembre 2016, fra Pierbattista Pizzaballa, ofm, Amministratore Apostolico del Patriarcato latino, è stato ordinato vescovo nella
cattedrale di Bergamo.
“Voglio essere vescovo per tutti, per quanti mi sono affidati, innanzitutto Ma anche per quanti condividono l’amore e la sollecitudine
per il Medio Oriente, per ebrei e musulmani, per i più poveri, per la Chiesa intera” ha dichiarato mons. Pizzaballa in conclusione di una liturgia solenne ed emozionante. Liturgia cui hanno partecipato numerosi fedeli di Bergamo convenuti per
accompagnare con le loro preghiere il nuovo Amministratore Apostolico del Patriarcato latino, nominato il 24 giugno u.s. da papa Francesco, e ordinato vescovo nella sua terra natale.
La messa presieduta dal cardinal
Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, concelebrata dal Patriarca emerito mons. Fouad Twal e da mons. Francesco Beschi vescovo di Bergamo, ha raccolto attorno a mons. Pizzaballa una trentina di vescovi venuti dall’Italia, dalla
Turchia, dal Bahrein, da Israele, dalla Palestina, dalla Giordania e dall’Iraq oltre ad alcuni Nunzi apostolici. Erano presenti anche tantissimi sacerdoti e religiosi, tra di loro molti francescani della Custodia di Terra Santa con l’attuale Custode
fra Francesco Patton. Importante la delegazione del Patriarcato latino: mons. William Shomali, mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, padre David Neuhaus, padre George Ayoub, padre Imad Twal e molti sacerdoti con loro. Da registrare inoltre la presenza di mons. Bacouni,
arcivescovo melchita di Haifa e di mons. Moussa el-Hage a nome dell’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa. Importante sottolineare la partecipazione di mons. Nektorius, rappresentante della Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme, egli ha offerto
a mons. Pizzaballa una croce pettorale come segno dell’amicizia tessuta lungo molti anni tra l’ex Custode e il Patriarca di Gerusalemme Teofilo III.
“Sufficit tibi gratia mea” – “Ti
basta la mia grazia” (2Co 12). È il motto episcopale scelto da mons. Pizzaballa. Rivolgendosi all’assemblea, egli ha ripercorso brevemente le tappe fondamentali del suo cammino di fede, caratterizzato da una continua “ricerca di sobrietà
e di sincerità”: la sua infanzia felice in Italia, i suoi anni di seminario, la sua partenza per la Terra Santa, terra che – ha confessato non senza umorismo- non l’aveva mai attirato e, da ultimo, il suo compito come Custode.
Ora è alla Chiesa di Terra Santa che mons. Pizzaballa “affida la sua vita”, a servizio dei fedeli e dei “suoi” sacerdoti. A questi ultimi egli si è rivolto in arabo.
“Sul
mio stemma, ha detto, non ho voluto mettere che due cose: Gerusalemme e la Parola”. Mons. Pizzaballa ha poi concluso con un vibrante appello per la pace di Gerusalemme: ” Pace che non è soppressione delle differenze, annullamento delle distanze,
ma nemmeno tregua o patto di non belligeranza, garantito da accordi o separazioni. Chiedo una pace che sia accoglienza cordiale e sincera dell’altro, volontà tenace di ascolto e di dialogo, strade aperte su cui la paura e il sospetto cedano il
passo alla conoscenza, all’incontro e alla fiducia, dove le differenze siano opportunità di compagnia e non pretesto per il rifiuto reciproco”. Da ultimo ha promesso un impegno personale nel servizio affinché: “Sorga per tutta
la Chiesa e sugli uomini di quella terra, la pace di Gerusalemme”.
La situazione complessa e dolorosa della Terra Santa, le sue speranze di pace, erano state ricordate anche dal cardinal Sandri nella sua omelia:
” Essere Vescovo per la Chiesa Latina che è in Gerusalemme, amministrandola a nome e per conto del Santo Padre (…) è compito senz’altro arduo” ha riconosciuto ” ma potrà essere vissuto pieno di gioia
e di serena determinazione, perché ancorati nella Parola del Signore e non nei nostri progetti umani”. ” Tanti cuori in Terra Santa e particolarmente nel territorio del Patriarcato Latino hanno sete di giustizia e di pace: dimensioni
fondamentali del vivere umano, che prima ancora che rivendicate come diritto dagli altri devono essere desiderate e operate nei rapporti dentro la Chiesa e tra le Chiese, oltre che con i credenti Ebrei e Musulmani”. ” L’unico strumento
nelle nostre mani per evitare che i cristiani emigrino dal Medio Oriente, o vengano fatti uscire da progetti non chiari – ha affermato il Cardinale – è trovare sempre forme antiche e nuove per essere Chiesa in uscita, che ha a cuore la promozione
di spazi di incontro e riconciliazione”.
Da Bergamo, Manuella Affejee
Foto: Andres Bergamini e Giovanni Zennaro
Seregno 28 settembre2016
Penso posa servire a chi segue le vicende della chiesa madre in Gerusalemme
conoscere i pensieri e i proposito del nuovo amministratore apostolico Mons. Pizzaballa espressi nel suo discorso nel giorno del suo ingresso a Gerusalemme.
Pubblicato
il 21 Set 2016 in Amministratore Apostolico, Discorsi e interviste,
Slide
Discorso di mons. Pizzaballa per il suo ingresso a Gerusalemme – 21 settembre 2016
Carissimi fratelli e sorelle,
vi ringrazio di essere giunti qui numerosi dalle diverse parti della Terra Santa.
Saluto in particolare
Sua Eminenza il Cardinale O’ Brien,
I
Responsabili delle Chiese Cattoliche,
I Responsabili delle Chiese Cristiane,
Le loro eccellenze I Consoli Generali, la Delegazione Palestinese
I Sacerdoti, I Religiosi e le Religiose
Il Seminario di Beit Jala e della Domus Galilaeae
Il
Coro del Magnificat,
Tutte le Parrocchie,
Gli
amici,
Ho già ribadito in diverse occasioni la mia sorpresa e gratitudine per quanto sta avvenendo a me personalmente a alla Chiesa di Gerusalemme, per questa decisione del Santo Padre.
“Sufficit tibi gratia mea” (2Cor 12, 9). Ho scelto di vivere alla luce di questo passaggio biblico il nuovo servizio che mi è stato chiesto. Tutto è grazia, disse un famoso scrittore. È grazia
soprattutto la quotidiana coscienza della mia debolezza e del mio limite, vera porta aperta attraverso cui fino a questo momento è passata la misericordia di Dio.
E nonostante le mie debolezze, mi stupisco
di vedere come il Signore ugualmente, passa, visita, mi attraversa con la sua opera.
Ho incominciato il mio servizio nel giorno in cui la Chiesa commemorava la nascita di Giovanni il Battista e ispirandomi alla
sua figura ho pensato l’inizio del mio ministero come un “Preparare la Via…. Vie aperte, spianate, libere da tutto ciò che ostacola l’incontro con Lui e tra di noi”. E aggiungevo: “vorrei che ripartisse da Gerusalemme…
per noi e per tutta la Chiesa, la capacità di incontrarci e di accoglierci gli uni gli altri, costruendo strade e ponti e non muri”.
Non posso che ribadire nuovamente questa volontà. Accogliere,
ascoltare, discernere e, insieme, orientare il cammino della Chiesa per i prossimi anni.
So che non sarà facile. Non sono ingenuo. Dopo la gioia della trasfigurazione, c’è la discesa dal Monte,
nella vita ordinaria e quotidiana, con il suo carico di gioie certamente, ma anche di problemi, sofferenze e divisioni. E a Gerusalemme, e più in generale in Terra Santa, le divisioni non mancano. E sono dure, feriscono nella nostra vita quotidiana.
Lo costatiamo continuamente: nella vita politica e sociale, con un conflitto politico che sta logorando la vita di tutti, nella dignità offesa, nella mancanza di rispetto dei diritti basilari delle persone; le vediamo anche nelle relazioni intra-religiose,
tra le nostre chiese e non di rado anche all’interno delle nostre rispettive chiese. Il diavolo, che è all’origine delle divisioni, sembra avere preso casa a Gerusalemme.
Ebbene, proprio in questo
contesto così difficile e che non ci permette di farsi illusioni, siamo chiamati ad essere Chiesa, cioè a dare la nostra testimonianza di unità. Qui, in questo contesto lacerato e diviso, insomma il primo annuncio da dare è l’unità,
che comincia da noi, all’interno della nostra casa.
In questo contesto ringrazio il Patriarca Greco Ortodosso di Gerusalemme, per la sua partecipazione, attraverso un delegato, alla mia consacrazione episcopale
e fin da ora assicuro la mia volontà di operare per la comunione e l’armonia vicendevole. Non possiamo, infatti, permetterci di dare lezioni di dialogo al mondo, se tra noi regnano le divisioni e la sfiducia!
Gerusalemme richiama alla Pasqua. Al Santo Sepolcro è sempre Pasqua. Pasqua significa passaggio: dalla morte alla vita, dal buio alla luce, dalla sfiducia dei discepoli di Emmaus, allo slancio degli apostoli a Pentecoste. Dobbiamo, vogliamo allora
diventare esperti di una vita che viene dalla croce, che non si rassegna alla morte, ma la vince con l’amore.
Desidero svolgere il mio servizio di vescovo, dunque, nella luce pasquale. Di fronte ai tanti segnali
di morte dentro e attorno a noi, vorrei accompagnare questa nostra chiesa a rileggere la propria storia, come Gesù ha fatto con i discepoli di Emmaus, per scoprire una Presenza che mai ci ha abbandonato e che è sorgente di vita perenne. E interrogarci
se ci crediamo veramente. Se veramente pensiamo che Cristo è sorgente di forza e vita.
Non sono, infatti, le nostre strategie umane, spesso dal respiro corto, a salvare la Chiesa e le sue istituzioni. La
nostra grandezza non si misura nel numero di imprese che riusciremo a realizzare e nemmeno nel grado di consenso che otterremo. Tutto questo passa presto. E forse dovremmo interrogarci se abbiamo speso troppe energie e attenzioni per ciò che invece
è secondario. “Sufficit tibi gratia mea”. Prima di tutto cercare e accogliere la grazia di Dio.
Dobbiamo partire dalla coscienza della presenza di Cristo in mezzo a noi. È questa
consapevolezza che deve essere all’origine delle nostre scelte e dei nostri progetti. Tutto il resto viene dopo.
Chiedo a tutti voi di aiutarmi in questo servizio.
Ai
laici, alle famiglie, ai religiosi e religiose che svolgono un servizio così importante in questa nostra Chiesa, ai preti e ai vescovi e soprattutto ai giovani, che sono il nostro futuro, chiedo di sostenermi e accompagnarmi. Vi chiedo di aiutarmi con
la preghiera, innanzitutto, ma anche nell’orientare insieme il cammino prossimo di questa nostra chiesa.
Desidero che le diverse anime che compongono questa nostra chiesa, unica ma pluriforme, collaborino
sempre più e sempre meglio. A questo proposito, scrivevo qualche giorno fa ai sacerdoti del Patriarcato:
“La chiesa di Gerusalemme, è ricca di iniziative, di istituzioni anche prestigiose
(penso ai centri teologici e biblici, le università di Betlemme e di Madaba), di religiosi e religiose, di movimenti, di numerose scuole che svolgono un servizio importante e che sono un ambito pastorale determinante; abbiamo relazioni uniche e particolari
con altre Chiese cristiane, per non parlare della necessità di coordinamento con le Chiese orientali cattoliche; il rapporto interreligioso con musulmani ed ebrei è nostro pane quotidiano, anche se mai semplice; l’arrivo di lavoratori stranieri
e rifugiati ha portato nuove dinamiche nella nostra Chiesa, sia in Giordania che in Terra Santa; in tutti i nostri territori diventa difficile curare e seguire le famiglie, che sempre maggiormente si allontanano dalla Chiesa; la presenza di centinaia di migliaia
di pellegrini da tutto il mondo ci mette poi in contatto con la Chiesa universale che a Gerusalemme, come nel giorno di Pentecoste, continua a ritrovarsi; non possiamo ignorare inoltre che ci troviamo nella Terra dove la Parola di Dio è stata scritta
e si è compiuta”.
Ecco, per me essere chiesa significa sentirci tutti parte di un unico corpo e partecipi gli uni degli altri. Spero che questo sentimento sia condiviso anche da voi.
Desidero essere il vescovo di tutti e per tutti. Auspico la piena collaborazione di tutti.
Vi ringrazio di avermi accompagnato fin qui con la vostra preghiera e partecipazione.
Ho vissuto momenti molto belli e intensi che mi hanno confortato e consolato. Siete stati il conforto di Dio in questi ultimi mesi.
Possa Dio sostenere il nostro cammino incontro a Lui, apra i nostri occhi sulle
sofferenze di questa Terra e dei suoi abitanti e ci renda capaci di consolazione e conforto.
E su tutti voi va la mia preghiera e benedizione.
Ultimi commenti